Dl Sostegni, i contributi per i titolari di partita Iva

Per accedere all’indennizzo è richiesto che l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi del 2020 sia diminuito di almeno il 30% rispetto all’anno precedente

ROMA – Come noto con il proposito di sostenere gli operatori economici colpiti dalle limitazioni imposte a seguito dell’emergenza epidemiologica “Covid-19”, l’articolo 1 del Dl 41/2021 riconosce un contributo a fondo perduto, diversificato in base ai ricavi o compensi realizzati nel 2019, a chi produce reddito agrario e a tutti gli imprenditori, professionisti e artisti residenti o stabiliti nel territorio italiano. Questa volta, pertanto, gli aiuti spettano alla generalità delle partite Iva, sempre che si sia subita una determinata riduzione in termini di fatturato/corrispettivi; viene così superato il criterio utilizzato in occasione dei decreti “Ristori”, secondo cui, per verificare se si aveva diritto all’indennizzo, bisognava far riferimento all’elenco dei codici Ateco

Ma vediamo ora bene a chi spetta
La nuova misura di sostegno è destinata a tutti i contribuenti titolari di partita Iva, residenti o stabiliti nello Stato italiano, che svolgono attività d’impresa, arte o professione ovvero che producono reddito agrario; si prescinde, come detto, dal codice Ateco dell’attività prevalente o dalla zona di ubicazione. Vi rientrano anche gli enti non commerciali, compresi gli enti del terzo settore e quelli religiosi civilmente riconosciuti, relativamente alle attività commerciali esercitate.
L’accesso al contributo è riservato ai soggetti titolari di reddito agrario (articolo 32, Tuir) e ai contribuenti con ricavi (articolo 85, comma 1, lettere a) e b), Tuir) o compensi (articolo 54, comma 1, Tuir) non superiori a 10 milioni di euro nel secondo periodo d’imposta antecedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto “Sostegni”, vale a dire nel 2019 per le persone fisiche e per i soggetti “solari”, ossia le società con esercizio coincidente con l’anno solare.
Ne sono esclusi coloro che hanno attivato la partita Iva successivamente all’entrata in vigore del Dl e i contribuenti la cui attività, a quella data, risulta cessata. Fuori dall’indennizzo anche i soggetti indicati nell’articolo 74 del Tuir (enti pubblici) e quelli individuati dall’articolo 162-bis dello stesso Testo unico delle imposte sui redditi (intermediari finanziari e società di partecipazione).

Condizione di accesso
Il diritto a beneficiare del contributo scatta se l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi del 2020 è inferiore almeno del 30% rispetto all’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi del 2019; per chi ha avviato l’attività a partire dal 1° gennaio 2019, si prescinde dalla sussistenza di tale requisito, sempre che sussista il presupposto del limite di ricavi/compensi di 10 milioni di euro.
La determinazione degli importi da comparare deve avvenire facendo riferimento alla data di effettuazione dell’operazione di cessione di beni o di prestazione dei servizi.

Entità e caratteristiche del beneficio
La consistenza dell’indennizzo non è unica per tutti gli aventi diritto, ma varia a seconda della dimensione del contribuente, ossia dei ricavi o compensi realizzati nel periodo d’imposta 2019: più è alto il fatturato di quell’anno, più decresce l’aiuto. Cinque le percentuali applicabili al calo medio mensile registrato nel 2020 (per chi ha aperto la partita Iva dal 1° gennaio 2019, la media è calcolata tenendo conto dei mesi successivi a quello di attivazione):
– 60%, in caso di ricavi/compensi 2019 non superiori a 100mila euro
– 50%, in caso di ricavi/compensi 2019 superiori a 100mila euro e fino a 400mila
– 40%, in caso di ricavi/compensi 2019 superiori a 400mila euro e fino a 1 milione
– 30%, in caso di ricavi/compensi 2019 superiori a 1 milione di euro e fino a 5 milioni
– 20%, in caso di ricavi/compensi 2019 superiori a 5 milioni di euro e fino a 10 milioni.

Esempio
Un’impresa (o un professionista), con fatturato 2019 pari a 300mila euro, nel 2020 si è fermata a quota 180mila, subendo un calo mensile di 10mila euro [(300.000 – 180.000) / 12]. Trovando applicazione la percentuale del 50% stabilita per chi nel 2019 ha realizzato ricavi/compensi compresi tra 101mila e 400mila euro, spetterà un contributo di 5mila euro, cioè il 50% dei 10mila euro di differenza di fatturato mensile tra le due annualità.

Comunque, sono previsti, per tutti i contribuenti (compresi quelli che hanno attivato la partita Iva dal 1° gennaio 2020), sia un limite massimo (il contributo non può mai superare i 150mila euro) sia un importo minimo: mille euro per le persone fisiche, 2mila euro per gli altri soggetti.

Il nuovo contributo a fondo perduto:

  • non concorre alla formazione della base imponibile delle imposte sui redditi
  • non concorre alla formazione del valore della produzione netta ai fini Irap
  • non rileva ai fini del rapporto di deducibilità degli interessi passivi e dei componenti negativi (articolo 61 e articolo 109, comma 5, Tuir

 

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