Spese condominiali pregresse, nessuna differenza nell’acquisizione della nuova proprietà

Roma –  Dall’art. 63 disp. att. cc, ai sensi del quale si evince “chi subentra nei diritti di un condomino è obbligato solidalmente con questo al pagamento dei contributi relativi all’anno in corso ed a quello precedente“.  Rispetto al concetto di anno precedente, è prassi sovente che le amministrazioni condominiali portino in consuntivo debiti sommando all’anno precedente anche quelli dei precedenti ancora.

E nel caso di trasferimenti, compravendite cosa accade? La legge non fa alcuna differenza sulla natura del nuovo proprietario che in forza di un qualsiasi titolo abbia acquistato ad esempio un appartamento. La prassi, peraltro erronea di voler differenziare le provenienze (acquisto all’asta, o dal notaio, o per sentenza di usucapione oppure per sentenza traslativa dell’autorità giudiziaria), rispetto ai debiti condominiali può comportare conseguenze per quelle amministrazioni, che tendono a voler superare la legge dello stato applicandone una propria.

Chi acquista un immobile in forza di un titolo di proprietà diviene obbligato in solido rispetto all’art. 63 per le spese condominiali.  e ciò prescindendo dalla natura dell’acquisto del titolo. L’amministrazione può richiedere, se non risolte prima della stipula, al nuovo proprietario le spese dell’anno in corso all’acquisto e di quello precedente, ma private della sommatoria di eventuali altri anni precedenti inseriti nel cumulo generale. Il nuovo proprietario, potrà quindi chiedere in assenza di un accordo preliminare, il conteggio esatto delle somme (anno in corso e precedente all’acquisto)  e dovrà procedere a sanare tali somme, anche proponendo un piano di rientro poi da rispettare. In casi di somme debitorie maturante anche nel corso di anni precedenti al “precedente” all’acquisto, l’obbligato resta comunque il precedente instestatario – venditore.

Al fine di ovviare a questo tipo di problema, si utilizza una prassi, peraltro non disciplinata da alcuna legge dello Stato, ma che comunque mette le amministrazioni condominiali al riparo da determinate situazioni. Alcuni notai per evitare questioni e liti tra le parti,  sono soliti chiedere le “liberatorie”, un termine anche questo improprio. Si tratta in sostanza della ricognizione dello stato debitorio gravante sul bene allo stato attuale, e riferito ad una data certa.  Dovrebbe essere quindi il venditore, supponendo che egli abbia ricevuto un acconto da compromesso, a saldare i debiti condominiali prima del rogito. Non si può peraltro pretendere, che l’acquirente privo di titolo preliminarmante all’acquisto possa versare in anticipo tali somme, poichè soggetto non legittimato in quel momento che precede la stipula.

In molti casi, l’attestazione della sommatoria dei debiti, può costituire però un elemento di accordo economico tra le parti venditore ed acquirente ai fini dell’atto.  La dichiarazione dello stato debitorio complessiva e generale firmata dall’amministratore pro tempore del condominio, costituisce un accollo debitorio in sede di rogito. In quel caso, supponendo che il valore della compravendita sia di euro centomila per un appartamento, e che il debito condominiale sia di diecimila euro, l’acquirente potrà versare in assegno euro novantamila al venditore, accollandosi totalmente il debito di diecimila nei confronti del condominio. In questo caso la somma debitoria diventa parte integrante della transazione, e l’obbligato il solido, ossia l’acquirente, manleva il venditore da ogni tipo di rivalsa, esponendo se stesso per l’intero del debito nei confronti del condominio.

Ma ci sono anche casi, in cui tutto ciò non sia possibile, e nello specifico riguarda casi in cui il venditore non sia una persona fisica, ma una società, oppure il caso in cui l’immobile sia pervenuto in possesso per intervenuta usucapione su eredità giacente. In questo caso i debitori delle somme pregresse restano sempre i precedenti intestatari  del bene, che potranno essere perseguiti a parte come obbligati in solido. In caso di irreperibilità o di impossibilità nel recupero le somme diventano crediti inesigibili da iscrivere in bilancio, come accade per gli enti pubblici.

Ciò consente comunque di mantenere il bilancio in equilibrio riportando non altro che la realtà dei fatti.

In quel caso l’acquirente dovrà versare, dal momento della nuova titolarità l’anno in corso e quello precedente. E gli eventuali debiti maturati prima di tali contesti, dovranno essere inseriti in bilancio come “crediti inesigibili” se divenuti e considerati tali.  Stessa modalità utilizzata comunemente per gli immobili acquistati all’asta. Non esiste quindi la possibilità  di “differenziare” la natura della tipologia d’acquisto.

La legge, essendo uguale per tutti, non potrebbe generare disparità, quindi penalizzare l’acquirente a rogito, e favorire quello all’asta che di  per sè è già avvantaggiato dai minori costi sui valori immobiliari tralaltro.

Sui debiti, quindi, il precedente intestatario, resta obbligato in solido per il pregresso se non prescritto e se non divenuto inesigibile.

Il consiglio, per  chi è nella veste di possibile acquirente in caso di avvio alla compravendita è quello di rivolgersi comunque ed a prescindere allo studio legale per evitare di imbattersi in una sequenza di problematiche che intervengono successivamente e rischiano di compromettere il buon esito della compravendita o generare a loro volta cause e problemi.

Con un accurato piano velocissimo si potrà avere un focus sull’immobile valutando intestazione, formalità, e tutto quanto sia inerente anche la storia dell’immobile stesso. Solo dopo la ricognizione generale sugli aventi titolo, e sul preventivo accertamento dei debiti condominiali, ove sussistenti, si procede a firmare il compromesso introducendo tralaltro precise clausole a garanzia.

Per comprendere meglio cosa e quanto deve pagare chi acquista un bene immobile, è bene anche chiarire la differenza tra spese ordinarie e straordinarie.

Le prime riguardano la manutenzione ordinaria del condominio, le seconde le migliorie di carattere eccezionale, come ad esempio il rifacimento del tetto. Questa distinzione è fondamentale nel caso in cui il condomino abbia deliberato dei lavori che siano ancora in corso al termine dell’asta immobiliare. Secondo la Giurisprudenza (vedi Corte di Cassazione 3.12.2010, n. 24654):

“ove le spese in questione siano state deliberate antecedentemente alla stipulazione del contratto di vendita, ne risponde il venditore, a nulla rilevando che le opere siano state, in tutto o in parte, eseguite successivamente, e l’acquirente ha diritto di rivalersi, nei confronti del medesimo, di quanto pagato al condominio per tali spese, in forza del principio di solidarietà passiva di cui all’art. 63 disp. att. cod. civ.. 

Quindi a rispondere delle spese condominiali straordinarie (come ad esempio ristrutturazioni o innovazioni delle parti comuni) è colui che era proprietario al momento della delibera di approvazione. Ancora la Corte di cassazione (Sez. VI – 2,  ordinanza del 25.01.2018, n. 1847):

“Non può essere obbligato in via diretta verso il terzo creditore, neppure per il tramite del vincolo solidale ex art. 63, disp. att. c.c., chi non fosse condomino al momento in cui sia insorto l’obbligo di partecipazione alle relative spese condominiali, nella specie per l’esecuzione di lavori di straordinaria amministrazione sulle parti comuni, ossia alla data di approvazione della delibera assembleare inerente i lavori.”

In sostanza se si tratta di lavori di manutenzione ordinaria, l’obbligo ricade su chi era il proprietario al momento dell’esecuzione delle opere; al contrario, se di carattere straordinario, deve pagare chi risulta essere il titolare dell’appartamento al momento della delibera che ha approvato l’opera.

Le spese di condominio ordinarie a carico del proprietario (a prescindere dal fatto che sia residente o meno nell’immobile) cadono in prescrizione trascorsi5 anni dal giorno di approvazione del rendiconto. Quelle straordinarie, invece, dopo 10 anni.

Vuol dire che, dopo questo lasso di tempo, non si può più agire in giudizio per recuperare le somme non versate.

 

 

 

 

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