La condanna per evasione impedisce il ricorso al gratuito patrocinio

Per la Corte di Cassazione è legittimo il provvedimento di rigetto dell'ammissione al beneficio richiesto da chi abbia già riportato una pena irrevocabile per un reato fiscale

Roma – Se, nell’ambito di procedimenti relativi a reati diversi da quelli cosiddetti fiscali, un soggetto già condannato in via definitiva per reati commessi in violazione delle norme relative alla repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, richiede l’ammissione al gratuito patrocinio si determina, a suo carico, una presunzione di superamento dei limiti di reddito previsti per poter beneficiare del citato istituto (praesumptio iuris tantum – articolo 76, comma 4-bis, Dpr n. 115/2002). In questo caso, la presunzione di superamento della soglia di reddito può essere vinta se il soggetto fornisce al giudice la prova contraria, mediante l’allegazione di concreti elementi di fatto idonei a superarla.
Invece, in caso di procedimenti aventi ad oggetto proprio i reati commessi in violazione delle norme relative alla repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, si verifica la preclusione assoluta all’ammissione al beneficio. Il patrocinio gratuito è, in questo caso, escluso (praesumptio Iuris et de iure – articolo 91, Dpr n. 115/2002).
Ciò è quanto emerge dalla sentenza n. 40477 del 5 ottobre 2023, emessa dalla sezione/collegio 4 della Corte di Cassazione.

Fatto in esame: 
Con ordinanza del 21 agosto 2019 il Tribunale di Lecco ha rigettato il ricorso proposto da un cittadino, avverso il provvedimento con cui, il 16 luglio 2018, il giudice unico dello stesso Tribunale aveva rigettato una sua istanza di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, sul presupposto dell’esistenza di due precedenti condanne definitive per omesso versamento dell’Iva (articolo 10-ter, Dlgs n. 74/2000).
Contro la pronuncia di rigetto, lo stesso cittadino ha proposto ricorso per cassazione, deducendo la violazione degli articoli 76 e 91 del Dpr n. 115/2002.
In particolare, il ricorrente ha lamentato che l’effetto preclusivo, derivante dalla condanna per il reato di violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, potrebbe operare solo nei casi in cui il procedimento, nel quale è richiesta l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato, sia relativo proprio a tale categoria di reati, e non già nelle diverse ipotesi in cui l’istante sia, invece, indagato o imputato per crimini di diversa natura – nel caso in esame per lesioni personali (articoli 582, 585 cp – capo A – e  illegittimo porto d’armi (legge n. 110/1975 -capo B.
La difforme interpretazione resa dalla giurisprudenza di legittimità sarebbe, pertanto, erronea, nonché contraria ai parametri dettati dalla Carta costituzionale.

Giudizio
La Corte di Cassazione, nel dichiarare non fondato il ricorso, lo rigetta così argomentando.
L’opposizione avverso il provvedimento di rigetto dell’istanza di ammissione al patrocinio dello Stato è stata correttamente rigettata dal Tribunale di Lecco, non solo riferendosi all’esclusione, prevista dall’articolo 91 del Dpr n. 115/2002, dell’ammissione al gratuito patrocinio per il condannato con sentenza definitiva per reati commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, bensì operando anche il richiamo alla presunzione di superamento dei limiti di reddito prevista dall’articolo 76, comma 4-bis, dello stesso Dpr, con riguardo a soggetti già condannati con sentenza definitiva per determinate categorie di reati, tra cui, a seguito dell’entrata in vigore del Dlgs n. 34/2019, anche quelli commessi in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto.

Dalla lettura coordinata degli articoli 76, comma 4-bis, e 91 del Dpr n. 115/2002, così come modificati dal Dlgs n. 34/2019, si desume che la condanna riportata dal richiedente il gratuito patrocinio in ordine a reati fiscali determina una presunzione di superamento dei limiti di reddito, vincibile con prova contraria, quando l’ammissione è richiesta in procedimenti relativi a reati diversi da quelli in esame, e una preclusione assoluta all’ammissione al beneficio, quando essa è richiesta in procedimenti aventi a oggetto proprio tale condanna.

In tema di patrocinio a spese dello Stato è legittimo il provvedimento di rigetto dell’ammissione al beneficio richiesto da chi abbia già riportato condanna irrevocabile per reato commesso in violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, fondato sulla presunzione relativa di superamento dei limiti di reddito prevista dall’articolo 76, comma 4-bis del Dpr n. 115/2002, e sulla mancata allegazione, da parte del richiedente, di concreti elementi di fatto idonei a vincerla.

Nel caso in esame, il giudice dell’opposizione ha correttamente rigettato l’istanza, osservando come il ricorrente avesse riportato precedenti condanne definitive per il reato di violazione delle norme per la repressione dell’evasione in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, tali da far presumere il superamento dei limiti di reddito ai fini dell’ammissione, senza che, in senso contrario, l’opponente sia stato in grado di allegare o indicare elementi concreti idonei a vincere la suddetta presunzione.

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