La prima casa in eredità: le tasse sono fisse ma solo se c’è la dichiarazione

Roma – La Corte di cassazione, con l’ordinanza n. 20132 del 24 settembre 2020, ha statuito che le agevolazioni “prima casa” per acquisto per successione consentono di applicare le imposte ipotecaria e catastale in misura fissa ove anche uno solo dei beneficiari sia in possesso delle condizioni agevolative, a condizione, però, che l’erede titolare dei requisiti, anche se coniuge superstite convivente, richieda esplicitamente il beneficio nella dichiarazione di successione o attraverso una dichiarazione integrativa.

Fatti e processo esemplificativi
Un contribuente ricorreva avanti alla Ctp di Roma avverso l’avviso di liquidazione dell’imposta di successione, che gli era stato notificato da un ufficio della Capitale, per recupero di agevolazione fiscale fruita indebitamente.
I primi giudici, nell’accogliere il ricorso, ritenevano che il contribuente avesse diritto alle agevolazioni della “prima casa”, di cui godevano i genitori sull’immobile caduto in successione, pur non essendo egli in possesso dei requisiti richiesti per fruire di detta agevolazione.

Agevolazioni “prima casa”
Ai nostri fini, pare utile, in sintesi, ricordare, che, per accedere alle agevolazioni “prima casa”,

  • il contribuente (requisiti soggettivi):
      • non deve essere proprietario, nell’ambito dello stesso Comune, di un altro immobile idoneo a essere adibito ad abitazione, neppure in comunione con il coniuge
      • non deve essere titolare neanche di diritti di uso, usufrutto o abitazione su altro immobile nel medesimo Comune
      • non deve aver già fruito dell’agevolazione “prima casa”, su altro immobile in Italia
    • l’immobile in questione (requisiti oggettivi):
        • non deve essere “lussuoso”
        • deve trovarsi nel Comune in cui l’acquirente/erede ha stabilito o stabilirà la propria residenza entro 18 mesi dall’acquisto o nel quale svolge la propria attività lavorativa (casi speciali valgono per particolari categorie di soggetti, quali i militari, che non sono obbligati a trasferire la residenza).

Giudizio di appello
Di contrario avviso, tuttavia, si mostrava la Ctr di Roma, adita dall’Agenzia delle entrate in sede di gravame.
Il giudice di appello, infatti, rilevava, sulla base del tenore letterale della disposizione di cui all’articolo 69, quarto comma, legge 342/2000, che l’interessato deve possedere i requisiti per fruire del beneficio.
Sottolineava, però, che la dichiarazione deve essere resa dal coerede titolare dei requisiti per godere dell’estensione del beneficio previsto per l’acquisto di immobile come prima casa di cui godeva il defunto, ancorché gli altri coeredi abbiano già in precedenza usufruito di tale beneficio e che la mancanza di tale di dichiarazione non costituisce un errore formale come sostenuto dalla parte appellata, ma una violazione di legge connessa al principio in virtù del quale chi ha già goduto di una agevolazione fiscale non può più goderne.
Da qui, l’accoglimento del gravame erariale e la conferma dell’avviso impugnato.

Decisione della Cassazione
La vertenza finiva, allora, avanti alla Corte suprema, a seguito di ricorso del contribuente, affidato a due motivi di diritto.
Con il proprio ricorso, in sintesi, il contribuente tentava di valorizzare la mancata considerazione, da parte del Collegio regionale, delle circostanze di fatto e della portata sostanziale del disposto normativo di riferimento, secondo cui egli avrebbe avuto, comunque, diritto all’agevolazione contestata, pur mancando la formale dichiarazione richiesta.
In disparte le ragioni di inammissibilità del ricorso per difetto di autosufficienza, per ragioni di carattere eminentemente tecnico-giuridico, le motivazioni dell’ordinanza sono meritevoli di attenzione nella parte in cui i giudici sottolineano la fondatezza nel merito del ragionamento seguito dalla Ctr laziale.

Normativa di riferimento e ratio legis
In base alla legge 342/2000, infatti, e, precisamente, all’articolo 69, comma 4, le dichiarazioni di cui alla nota II-bis dell’articolo 1 della Tariffa “sono rese dall’interessato nella dichiarazione di successione o nell’atto di donazione”, e, quindi, solo con le predette modalità.
Per fruire dell’agevolazione bisognava, pertanto, indicare il coniuge superstite fra i successori, e/o presentare una dichiarazione correttiva.
In caso contrario – chiosa la Cassazione – mancherebbe una diretta relazione fra il bene e il soggetto beneficiario dell’agevolazione.
In sostanza, dalla precisione del disposto normativo evidenziato, non può darsi credito all’interpretazione di parte ricorrente, che considerava sufficiente, ai fini del riconoscimento dell’esenzione d’imposta, la situazione di fatto preesistente, acquisibile dall’amministrazione finanziaria attraverso i dati esposti nel ricorso introduttivo e nella successiva proposta di mediazione, avanzata all’ufficio legale dell’Agenzia delle entrate.
In definitiva, il diritto all’agevolazione della casa adibita a residenza familiare comporta, per il titolare, il beneficio solo se sussistono le condizioni di legge, che devono essere, comunque, invocate dal richiedente.

Precedente giurisprudenziale
La norma richiamata della legge n. 342/2000 è chiaramente una disposizione di natura agevolativa e, pertanto, di stretta interpretazione: spetta – questa la conclusione della Cassazione – al contribuente richiedere le dette agevolazioni presentando una dichiarazione di successione, integrativa o modificativa, ex articolo 28 Dlgs n. 346/1990, entro 12 mesi dall’apertura della successione.
In un caso analogo al presente, va aggiunto in sede di commento, la Corte suprema ha avuto già occasione di esprimersi (cfr. Cass. n. 9890/2019).
Nel richiamato precedente, infatti, i togati di legittimità hanno statuito che sul diritto di abitazione sulla casa adibita a residenza familiare si possono chiedere le agevolazioni fiscali, previa – anche in questo caso – espressa richiesta, nella dichiarazione di successione o in una dichiarazione integrativa, da parte del soggetto interessato (richiesta che deve avvenire in dichiarazione di successione).

In ultima analisi, da quanto precede si evince un ulteriore esempio del rigore interpretativo che caratterizza le disposizioni agevolative, che non possono avere applicazione diversa o ulteriore rispetto alla previsione strettamente letterale, imposta dalla legge.

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