Cassazione: il maggiore reddito della società non giustifica le spese folli del socio

Il contribuente deve provare non solo l’esistenza delle somme che gli avrebbero consentito acquisti troppo dispendiosi rispetto alle sue possibilità economiche, ma anche l’effettiva disponibilità

In tema di redditometro, il contribuente non può giustificare la maggiore capacità contributiva con l’avviso accertamento emesso nei confronti di una società a ristretta base azionaria di cui è membro e presumendo che gli verranno imputati i conseguenti utili extracontabili. Lo ha sancito la Corte di cassazione che, con l’ordinanza n. 21412 del 6 ottobre 2020, ha accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate.

La vicenda processuale e la pronuncia della Cassazione

La vicenda riguarda un contribuente al quale, dopo l’acquisto della Porsche, era stato notificato un atto impositivo basato sugli indici presuntivi di capacità contributiva di cui all’articolo 38 del Dpr n. 600/1973. Tra gli altri indici vi era altresì il possesso di due abitazioni secondarie, oltre quella principale, con le relative spese di mantenimento.
Col proprio ricorso alla Ctp di Vicenza il contribuente si difendeva evidenziando di essere socio all’80% di una società a ristretta base nei cui confronti era stato emesso un avviso di accertamento; di conseguenza i maggiori redditi accertati in capo alla società dovevano essere attribuiti a lui andando a giustificare ampiamente le maggiori disponibilità economiche accertate dall’ufficio con il redditometro.
Tale tesi veniva accolta dai giudici di merito che annullavano l’atto impositivo impugnato ritenendo che i redditi invocati dal contribuente coprissero certamente il reddito accertato.
Col successivo ricorso per Cassazione, l’Agenzia delle entrate denunciava violazione di legge ritenendo errato il ragionamento della Ctr secondo cui qualsiasi reddito non dichiarato dal contribuente è suscettibile di vanificare la fondatezza dell’accertamento sintetico.

La Cassazione accoglie il ricorso

In particolare, per i giudici, l’accertamento di redditi percepiti dal contribuente e non dichiarati, consequenziali all’accertamento di maggiori redditi ottenuti da una società di capitali a ristretta base partecipativa, non è in grado di dimostrare una capacità di spesa del contribuente idonea a escludere l’applicabilità delle presunzioni derivanti dall’accertamento sintetico del reddito, operato ai sensi dell’articolo 38 del Dpr n. 600/1973, “redditometro”, perché tali proventi non sono riconducibili alle categorie dei redditi:

  • diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d’imposta
  • oppure esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta
  • o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile, indicate dalla legge come idonee a escludere l’applicabilità della presunzione di conseguimento di un maggior reddito ai fini dell’accertamento sintetico.

Sul punto si ricorda che l’accertamento del reddito con metodo sintetico non preclude al contribuente di dimostrare, mediante idonea documentazione, che il maggiore reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenute alla fonte a titolo di imposta (come nel caso del rimborso dell’assicurazione vita che ha già scontato le imposte relative ai rendimenti; cfr Cassazione, n. 4167/2018, n. 20143/2017, n. 14885/2015 e n. 8995/2014). Non ogni categoria di reddito, quindi, rappresenta una prova contraria, dovendo il contribuente provarne anche la disponibilità.
Anzi, secondo la giurisprudenza, l’articolo 38 del Dpr n. 600/1973 richiede qualcosa di più della mera prova della disponibilità di ulteriori redditi (esenti ovvero soggetti a ritenute alla fonte) e, pur non prevedendo esplicitamente la prova che detti ulteriori redditi sono stati utilizzati per coprire le spese contestate, chiede tuttavia espressamente una prova documentale su circostanze sintomatiche del fatto che ciò sia accaduto (o sia potuto accadere). In tal senso va letto lo specifico riferimento alla prova (risultante da idonea documentazione) della entità di tali eventuali ulteriori redditi e della “durata” del relativo possesso, previsione che ha l’indubbia finalità di ancorare a fatti oggettivi (di tipo quantitativo e temporale) la disponibilità di detti redditi per consentire la riferibilità della maggiore capacita contributiva accertata con metodo sintetico in capo al contribuente proprio a tali somme (cfr Cassazione n. 4167/2018, n. 20143/2017, n. 14885/2015, n. 8995/2014).

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