Gestione d’impresa, la riclassificazione dello stato patrimoniale

Roma – Per un’azienda di successo, l’interpretazione di bilancio è fondamentale, perché testimonia il  vero stato di salute, attraverso un incrocio di dati che vanno individuati con un’opportuna riclassificazione. Oltre il conto economico è necessario riclassificare anche lo stato patrimoniale con una logica leggermente diversa infatti, la riclassificazione dello stato patrimoniale segue dei ragionamenti differenti rispetti a quella di conto economico in quanto vengono ricercate informazioni di altra natura. Vediamo nel dettaglio di cosa si tratta.

Criteri di riclassificazione dello stato patrimoniale

Rammentando che lo stato patrimoniale è  un documento che contiene informazioni riguardanti gli investimenti effettuati per il funzionamento aziendale (attività) e le fonti di finanziamento per tenere in piedi tali investimenti (passività), è possibile individuare due principali criteri di riclassificazione dello stesso  utilizzabili a seconda di diverse logiche aziendali, o delle diverse le informazioni da ricercare che sono il criterio finanziario ed il criterio funzionale.

La riclassificazione effettuata con il criterio finanziario  viene utilizzata quando si ricercano informazioni riguardo la solvibilità dell’impresa e prevede la riorganizzazione delle voci secondo il loro grado di liquidità/esigibilità. Questa modalità fa emergere con chiaramente il capitale circolante ovvero  l’ammontare di risorse che compongono e finanziano l’attività operativa dell’azienda. La logica ( o la variabile) alla base del criterio è quella del tempo, ovvero le tempistiche con le quali le fonti (passività) si estingueranno e gli impieghi (attività) diventeranno liquidi. Per entrambi, il valore è entro od oltre l’esercizio che, come sappiamo in ambito contabile viene definito un arco temporale di 12 mesi.

La riclassificazione effettuata con criterio funzionale, viene utilizzata quando servono informazioni sulla solidità dell’impresa e prevede la riorganizzazione delle voci in base all’appartenenza – o meno – delle stesse alla gestione caratteristica.

Tramite tale criterio si mette in mostra la composizione del patrimonio aziendale al fine di verificare quanto sia legato alla produzione oppure quanto ad aspetti esterni all’azienda e/o di carattere finanziario piuttosto che produttivo.

Suddivisione delle Attività

Ne deriva che quanto è legato direttamente alla produzione viene considerato caratteristico, e pertanto la variabile  da tenere in considerazione naturalmente è la natura della voce di conto. Le attività vengono divise in:

  • Attività caratteristiche (immobilizzazioni materiali ed immateriali, rimanenze, crediti commerciali etc),
  • Attività accessorie(immobilizzazioni non utilizzate per produrre),
  • Attività Finanziarie (partecipazioni e titoli, Banca e Cassa, prestiti), mentre di contro si avranno le Passività Caratteristiche (Patrimonio netto, debiti commerciali, tfr, fondi rischi) e Passività Finanziarie (Mutui, Prestiti, etc).

Con le due riclassificazioni  quindi sarà possibile valutare l’equilibrio finanziario e la solidità patrimoniale pervenendo anche ad altri valori come “il margine di tesoreria” noto per porre all’attenzione la liquidità aziendale o il “margine di struttura” un primo indice tenuto in considerazione dagli analisti bancari per l’accesso al credito, oltre naturalmente “all’indice di indebitamento”, al “quick ratio” ed “all’indice di autonomia finanziaria”.

Non viene meno l’indagine secondo il nuovo codice della crisi d’impresa giacché  attraverso la riclassificazione è possibile ricercare gli “indici di liquidità” e di “adeguatezza patrimoniale”.

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