Immobili; senza diritto reale la richiesta di titolarità non è trascrivibile

Si tratta di azioni concesse a chi, già sostanzialmente proprietario del bene, vede contestare tale circostanza da terzi e, pertanto, agisce in giudizio per far cessare lo stato di turbativa e incertezza

ROMA – Se non si è titolari di un diritto reale su un immobile, ma si promuove un’azione di accertamento per rivendicarne l’acquisto in forza di rapporti contrattuali, non si può effettuare la trascrizione della domanda giudiziale nei Registri immobiliari. Alla stessa, del resto, “sarebbe comunque opponibile, ai sensi della seconda parte dell’art. 2653 n.1 c.c., un eventuale acquisto dell’avente causa del convenuto”. In altri termini, chi non detiene alcun diritto reale sul bene non può utilizzare la domanda giudiziale di mero accertamento come uno strumento prenotativo per limitare la facoltà del convenuto di disporre dell’immobile. L’evoluzione della vicenda processuale, insomma, non graverebbe comunque sugli eventuali terzi acquirenti, che potrebbero, in ogni caso, subentrare pacificamente nella titolarità del diritto reale.

A stabilirlo è il decreto del Tribunale di Firenze n. 7461 del 3 dicembre 2021, che ribadisce il principio di tassatività delle ipotesi di trascrizione della domanda giudiziale, “non solo nel senso che dalla trascrizione derivano soltanto gli effetti espressamente previsti dalla legge, ma anche e soprattutto nel senso che tali effetti sono prodotti esclusivamente dagli atti e dalle pronunce indicati nelle norme stesse”, richiamando la sentenza n. 17391/2004 della Corte di cassazione.

Non trova accoglimento, pertanto, il reclamo proposto dall’attrice avverso la scelta del conservatore dei Registri immobiliari di Firenze di effettuare una trascrizione con riserva, avendo il funzionario ravvisato “gravi e fondati dubbi sulla trascrivibilità della domanda giudiziale”, poiché orientata a “finalità estranee alla ratio della norma, essendo volta ad accertare l’avvenuto acquisto di un diritto per effetto di un accordo di natura obbligatoria”.

Il caso in esame
La reclamante aveva agito in sede giudiziale per chiedere l’accertamento dell’esistenza del proprio diritto di proprietà, per la quota indivisa del 50%, su un immobile che dal punto di vista formale risultava invece intestato al coniuge per l’intero. Nella domanda, l’attrice rilevava che il bene era stato “acquistato e ristrutturato anche con soldi che le erano pervenuti a seguito di un importante danno alla sua persona, derivato da un sinistro da lei subito, e che in sede di rogito era stato concordato che il marito fosse l’unico intestatario dell’immobile solo per ragioni fiscali, con l’accordo verbale che quest’ultimo avrebbe dovuto provvedere a trasferirle la quota del 50% dell’immobile a sua semplice richiesta”.
È bene rilevare come, per il Tribunale di Firenze, la non trascrivibilità della domanda non discenda dalla forma orale del contratto tra i coniugi, bensì dalla constatazione – di carattere ben più generale – che la richiesta di accertamento proposta da chi non sia titolare del diritto non è mai trascrivibile, anche qualora a fondamento della stessa vengano addotte alcune presunte pattuizioni contrattuali.

Riferimenti normativi
L’articolo 2653 n. 1 del codice civile, richiamato sia dalla reclamante che dal conservatore, afferma che “devono essere trascritte le domande dirette a rivendicare la proprietà o altri diritti reali di godimento su beni immobili e le domande dirette all’accertamento dei diritti stessi”, e precisa anche che “la sentenza pronunziata contro il convenuto indicato nella trascrizione della domanda ha effetto anche contro coloro che hanno acquistato diritti dal medesimo in base a un atto trascritto dopo la trascrizione della domanda”.

La trascrizione effettuata ai sensi dell’articolo 2653 n. 1 cc – afferma la tesi dell’Agenzia delle entrate accolta dal Tribunale di Firenze – comporterebbe soltanto effetti di natura processuale e non anche di natura sostanziale, ossia prenotativa nei confronti dei terzi. Tale effetto si verificherà soltanto al momento dell’emissione di una sentenza favorevole all’attore, ma non opera ancora in pendenza di giudizio.

Il testo dell’articolo 2653, peraltro, parla di “domande dirette a rivendicare” i diritti reali: pertanto, secondo il Tribunale di Firenze, risultano senz’altro trascrivibili la domanda di rivendica e l’actio confessoria servitutis di cui all’articolo 1079 cc (“Il titolare della servitù può farne riconoscere in giudizio l’esistenza contro chi ne contesta l’esercizio e può far cessare gli eventuali impedimenti e turbative”), azioni concesse a chi sia già sostanzialmente titolare del diritto reale, ma lo veda contestato da parte di terzi e agisca pertanto in giudizio per far cessare lo stato di turbativa e incertezza.
Qualora, invece, non vi sia titolarità del diritto in capo alla parte attrice, la domanda giudiziale sembra non essere trascrivibile, poiché “detta trascrizione sarebbe priva di qualsiasi utilità”: non scaturendo alcun effetto prenotativo, alla parte attrice sarebbe sempre opponibile l’acquisto che i terzi effettuano dalla parte convenuta.

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